LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE 
 
 
                          Sezione I civile 
 
    Composta da: 
        Giulio De Simone - Presidente; 
        Andrea Riccucci - Consigliere rel. 
        Domenico Paparo - Consigliere. 
    Nel procedimento n.  363/14  V.G.  promosso  da  Lorenzo  Gorgoni
domiciliato in Firenze, via Sant'Egidio  n.16  presso  l'avv.  Nicola
Pabis Ticci che io rappresenta e difende come da procura in calce  al
ricorso unitamente agli avv. Francesco Carbonetti, Emanuele  Marrocco
e Roberto della Vecchia di Roma, opponente; 
    Contro CONSOB domiciliata in Firenze, via P. Villari n. 39 presso
l'avv. Andrea Vannini e rappresentata e difesa dagli  avv.  Salvatore
Providenti,  Gianfranco  Randisi  e  Elisabetta  Cappariello  che  la
rappresentano e difendono come da procura a margine della comparsa di
costituzione, opposta; 
    P.G. - intervenuto; 
    Cui e' riunito - Il  procedimento  n.  364/14  V.G.  promosso  da
Querci Carlo domiciliato in Firenze, via  Sant'Egidio  n.  16  presso
l'avv. Nicola Pabis Ticci  che  lo  rappresenta  e  difende  come  da
procura  in  calce  al  ricorso  unitamente   agli   avv.   Francesco
Carbonetti, Emanuele Marrocco e  Roberto  della  Vecchia  di  Roma  -
opponente; 
    Contro CONSOB domiciliata in Firenze, via P. Villari n. 39 presso
l'avv. Andrea Vannini e rappresentata e difesa dagli avv.,  Salvatore
Providenti,  Gianfranco  Randisi  e  Elisabetta  Cappariello  che  la
rappresentano e difendono come da procura a margine della comparsa di
costituzione opposta; 
    P.G. - intervenuto; 
    Cui e' riunito - Il procedimento n.  365/14  V.G.,  promosso  da 
Campaini Turiddo domiciliato in Firenze, via Sant'Egidio n. 16 presso
l'avv. Nicola Pabis Ticci  che  lo  rappresenta  e  difende  come  da
procura  in  calce  al  ricorso  unitamente   agli   avv.   Francesco
Carbonetti, Emanuele Marrocco e Roberto  della  Vecchia  di  Roma,  -
opponente; 
    Contro CONSOB domiciliata in Firenze, via P. Villari n. 39 presso
l'avv. Andrea Vannini e rappresentata e difesa dagli  avv.  Salvatore
Providenti,  Gianfranco  Randisi  e  Elisabetta  Cappariello  che  la
rappresentano e difendono come da procura a margine della comparsa di
costituzione - opposta; 
    P.G. - intervenuto. 
    Ha emesso il seguente decreto. 
    1. Con ricorso ritualmente notificato  alla  controparte  Lorenzo
Gorgoni, Querci Carlo e Campaini Turiddo hanno  proposto  opposizione
ex art. 195 comma 4 del  decreto  legislativo  n.  58/98  avverso  la
delibera n. 18885 del 17 aprile 2014  di  applicazione  ex  art.  196
comma 2 del medesimo TUIF nei confronti dei predetti  della  sanzione
ammnistrativa pecuniaria di € 25.000,00= ai sensi dell'art. 191 comma
2 e per violazione degli artt. 94 commi 2 e 3 e 113 comma 1 dei  TUIF
con riferimento alla mancata «disclosure», ovvero  segnalazione,  nel
prospetto   informativo   relativo   all'offerta   al   pubblico   di
sottoscrizione e di ammissione  alla  negoziazione  di  azione  della
Banca rinvenienti dall'aumento di capitale deliberato  dall'assemblea
dei soci del 6 marzo 2008 nel contesto  del  piano  di  finanziamento
relativo all'acquisto dal Banco Santander S.A. del 100% delle  azioni
di Banca Antonveneta S.p.A., degli strumenti  derivati  (aventi  come
sottostante gli  strumenti  finanziari  convertibili  in  azioni  MPS
denominati  Fresh  2008  emessi  nel  contesto  della  sottoscrizione
dell'aumento di capitale della Banca da J.P. Morgan Chase a mezzo del
veicolo The  Bank  of  New  York  S.A.  in  qualita'  di  fiduciaria)
denominati in sigla TROR, sottoscritti dalla Fondazione MPS. 
    2. tutti gli incolpati hanno esposto a fondamento del  reclamo  i
seguenti motivi: 
        a) l'intervenuta prescrizione ai  sensi  dell'art.  28  della
legge numero 689/81 del diritto  a  riscuotere  la  sanzione  essendo
decorsi oltre cinque anni dalla data di pubblicazione del prospetto a
quella di notifica della violazione; 
        inapplicabile essendo al riguardo il termine  del  30  maggio
2008, quale termine  di  chiusura  dell'offerta  e  di  inizio  della
negoziazione  del  titolo,  ai  fini  della  decorrenza  del  termine
prescrizionale, dato che nessuna  modifica  si  era  resa  necessaria
rispetto alla approvazione del prospetto in data 23  aprile  2008  ai
sensi degli artt.94 comma 7 e 103 comma 2 TUIF; ed egualmente essendo
nella specie inapplicabile il criterio di riferimento della  notifica
alla data della consegna del plico dall'ufficiale  giudiziario,  dato
che in materia di prescrizione l'atto  introduttivo  produce  effetto
dal momento in cui esso viene a  conoscenza  del  destinatario  della
notifica; e dovendosi ritenere l'illecito consumato ai piu' alla data
di approvazione del prospetto da parte della CONSOB, ovvero alla data
del 23 aprile 2008, e non certo al momento di  chiusura  dell'offerta
ovvero al 30 maggio  2008;  tenuto  conto  comunque  che  la  mancata
precisazione delle informazioni di cui agli artt. 94 comma  7  e  103
comma 2 costituiscono autonome ipotesi di violazione; 
        b) previa disapplicazione dei relativi regolamenti, si chiede
declaratoria di illegittimita' della  procedura  per  violazione  dei
principi indicati al comma 2 dell'art. 195 TUIF; 
        in particolare: 
          violazione  del  contraddittorio  per   mancata   audizione
dell'incolpato da parte del collegio decidente, che decide sulla base
della relazione dell'ufficio sanzioni amministrative ; 
          violazione  del  principio   di   conoscenza   degli   atti
istruttori   in   quanto   la   relazione    dell'ufficio    sanzioni
amministrative non e' portata a conoscenza del soggetto incolpato; 
          violazione del principio  della  distinzione  fra  funzioni
istruttorie e decisorie, dato che la commissione  decide  sulla  base
della relazione dell'ufficio  sanzioni  amministrative  senza  potere
svolgere alcuna attivita' di controllo e semplicemente  recependo  le
indicazioni fornite dal suddetto ufficio. 
    L'opponente  pur  consapevole  della  affermata  legittimita'  di
questa  procedura  secondo  ormai  consolidato  indirizzo  anche   di
legittimita', deduce  peraltro  una  recente  decisione  della  corte
europea dei diritti dell'uomo in  data  4  marzo  2014,  che  avrebbe
affermato  la  violazione  dei  principi  del   contraddittorio   con
riferimento a procedura analoga a quella per cui e' causa. 
        c) la natura discriminatoria del provvedimento,  che  avrebbe
colpito l'opponente nonostante la  sua  palese  ignoranza  dei  fatti
oggetto di contestazione, mentre sarebbe  stato  tenuto  fuori  delle
incriminazioni  il  direttore  generale  VIGNI,  che   invece   aveva
personalmente  dato  luogo   alla   predisposizione   del   prospetto
informativo; 
        d) illegittimo il  provvedimento  in  quanto  contraddittorio
dato che la autorita'  di  vigilanza  aveva  approvato  il  prospetto
informativo senza chiedere ulteriori precisazioni con riferimento  al
finanziamento effettuato dalla  J.P.  Morgan  a  mezzo  dei  proventi
ottenuti dalla collocazione dei FRESH 2008, come riferito dalla Banca
a  seguito  della  richiesta  di'  chiarimenti   della   CONSOB:   in
particolare l'autorita' di controllo non  aveva  ritenuto  necessario
approfondire i fossero soggetti sottoscrittori, anche indirettamente,
dei suddetti strumenti finanziari; 
        e) non procedibile l'ipotesi di violazione amministrativa, in
quanto  corrispondente  alle  condotte  perseguite  in  sede   penale
nell'ambito del procedimento ancora in corso: ai  sensi  dell'art.  9
della legge numero 689/81 il principio di specialita' e la prevalenza
della violazione di tipo penale determinano la inammissibilita' di un
procedimento in questa sede per i medesimi fatti oggetto del giudizio
penale; in particolare  l'art.  191  TUIF  che  prevede  la  sanzione
ammnistrativa  ipotizza  una  fattispecie  sovrapponibile  a  quella,
penalmente rilevante, di cui all'art. 173-bis  TUIF  che  ha  inoltre
elementi  di  specialita'  rispetto  alla  prima,   con   conseguente
applicabilita' dell'art. 9 l. 689/81; 
    In ipotesi comunque si afferma applicabile l'art. 24 della  legge
suddetta  considerata  la  natura  pregiudiziale   della   violazione
amministrativa rispetto a quella penale; 
        f) incompatibilita'  dell'incolpazione  nei  confronti  degli
opponenti,  estranei  ai  procedimenti  penali,   degli   esiti   del
procedimento penale in relazione alla BMPS, la cui posizione e' stata
archiviata ritenendosi le condotte penali prive di esiti  vantaggiosi
per la  Banca,  ma  con  profitti  riferibili  ai  singoli  inquisiti
personalmente; 
        g)  genericita'  delle  imputazioni  con   riferimento   alla
responsabilita' attribuita agli incolpati per le omesse  informazioni
sul prospetto 2008, basate in pratica sulla sola considerazione della
sua qualita' di consigliere di amministrazione, pur se non esecutivo; 
        h) assenza di una previsione di illecito relativo  all'omesso
controllo  del  prospetto  informativo,  e  dunque   violazione   del
principio di tipicita', dato che la norna  applicata,  ovvero  l'art.
191 comma 2 TUIF prevede e disciplina soltanto condotte attive di chi
viola le condotte descritte dagli artt. 94 e  113,  ma  non  l'omesso
controllo su di esse; 
        i) inesistenza di una responsabilita'  degli  incolpati  peri
fatti contestati a loro non noti ed addebitati  solo  in  quanto  dal
medesimo  «conoscibili»  essendo  pacifico  che   il   prospetto   fu
sottoscritto e  redatto  dal  Presidente  del  CDA,  Mussari,  e  dal
direttore generali Vigni; e considerato che anche  la  CONSOB  fu  in
grado di rilevare la sottoscrizione indiretta dei FRESH 2008 da parte
della Fondazione a mezzo della sottoscrizione dei TROR solo in  esito
all'accesso agli esiti delle indagini svolte in sede  penale;  mentre
non esistevano assolutamente «elementi di attenzione»  che  avrebbero
dovuto indurre i consiglieri non esecutivi ( avendo conferito  delega
) a chiedere chiarimenti ed approfondimenti in  relazione  all'omessa
segnalazione della sottoscrizione dei TROR da parte della Fondazione:
i fatti  indicati  dalla  CONSOB  erano  noti  e  nessuno  -  neppure
quest'ultima - ritenne fossero meritevoli di approfondimento. 
    Inoltre la responsabilita' degli incolpati sarebbe  esclusa  pure
dal comportamento scorretto e doloso degli  amministratori  delegati,
che, pur conoscendola, nascosero l'esistenza dei TROR  e  non  misero
dunque i consiglieri in condizione di valutarne la  rilevanza:  tanto
vero che il  procedimento  penale  per  questi  fatti  non  ha  visto
imputato l'opponente ed e' ancora in corso. 
    i) Inesistenza della fattispecie ascritta in quanto: 
        l'informazione oggetto  di  contestazione  non  era  prevista
dallo schema di prospetto nella specie applicabile; 
        neppure  era   essenziale   in   relazione   all'informazione
necessaria agli investitori, considerato che l'informazione  relativa
alle modalita' di sottoscrizione dell'aumento di  capitale  da  parte
della J.P. Morgan fu inserita su esplicita  richiesta  della  medeima
CONSOB, la quale nulla ciese sui soggetti sottoscrittori  dei  Fresh,
pur essendo informata del fatto che dalla vendita di questi  la  J.P.
Morgan aveva conseguito la liquidita'  necessaria  per  sottoscrivere
l'aumento  di  capitale  a  lei   riservato;   d'altra   parte   tale
informazione neppure rilevava ai fini  del  controllo  degli  assetti
proprietari, dato che l'acquisto - delle azioni  BMPS  in  cui  erano
convertibili i Fresh 2008 da parte  della  Fondazione  era  possibile
solo a scadenza dei derivati, ovvero tra il 2013 ed il  2014:  dunque
certo non entro i 60 giorni previsti dalla normativa di settore. 
    Infine la notizia non  era  rilevante  in  relazione  al  «merito
creditizio della Banca emittente»; infatti l'aumento di capitale  era
per 5 miliardi in azioni offerte in  opzione  agli  azionisti  e  per
quanto riguarda la maggioranza di spettanza  della  Fondazione,  gia'
assicurate  alla  medesima  con  l'assicurazione  dell'esercizio  del
diritto; e solo 1 miliardo era stato  previsto  come  riservato  alla
J.P. Morgan, rimendo comunque poco rilevante, in relazione al  merito
creditizio della emittente - i cui valori patrimoniali  e  finanziari
erano ampiamente esposti nel prospetto in adesione  ai  requisiti  di
modello - sapere se i Fresh erano stati gia' collocati sul mercato  e
presso  chi,  anzi  il  loro  acquisto  da  parte  dell'azionista  di
maggioranza non avrebbe che confermato gli investitori  in  relazione
alla bonta' dell'operazione. 
    3. CONSOB nei costituirsi ha chiesto conferma  del  provvedimento
reclamato, osservando: 
        infondata  l'eccezione  di  prescrizione   data   la   natura
permanente  della  violazione  consumata   solo   con   la   chiusura
dell'offerta, ovvero al 30/5/2008; 
        inammissibili le eccezioni di natura processuale  in  difetto
di deduzione di una concreta lesione del  diritto  di  difesa  (Cass.
Sez. un. 20935/09); non senza considerare che l'opponente aveva  pure
avuto accesso alla relazione dell'USA; e  che  le  sentenze  suddette
avevano  ribadito  la  correttezza   del   meccanismo   sanzionatorio
disciplinato dalle delibere oggetto di eccezione;  mentre  la  citata
sentenza della CEDU  non  affermava  violazioni  con  riferimento  al
procedimento in esame; 
        in  punto  di   eccepita   contraddittorieta'   per   tardiva
contestazione della omissione, in quanto accertata e rilevata solo in
esito alle verifiche svolte solo a partire dal 2012; 
        in relazione alla assunta violazione dell'art.  9 l.  689/81,
che  il  procedimento  penale  inerisce   altri   soggetti   distinti
dall'opponente e attualmente e' in fase di indagini; 
        in relazione alla  assunta  applicabilita'  dell'art.  24  l.
689/81 che la violazione ammnistrativa  non  costituisce  presupposto
per l'esistenza del reato di falso in prospetto comunque contestato a
soggetti diversi da Campaini Turiddo; 
        che  sia  comunque  irrilevante   nella   specie   l'avvenuta
archiviazione del procedimento penale a carico della BMPS; 
        che  non  coglie   nel   segno   l'assunto   di   genericita'
dell'incolpazione,  invece  fondata  sulla  contestazione  di  omessa
vigilanza sulla completezza del prospetto informativo; 
        che non vi sarebbe  violazione  del  principio  di  tipicita'
della violazione dato che l'art. 191 comma 2 colpisce chiunque non si
sia  attivato  per  impedire  la  pubblicazione   di   un   prospetto
informativo inidoneo; 
        che  non  puo'  escludersi  la  responsabilita'  di  Campaini
Turiddo quale  amministratore  senza  delega  per  omesso  necessario
controllo sulla gestione  dei  delegati,  anche  tenuto  conto  della
previsione dell'art. 2381 comma 3 c.c..;  non  senza  considerare  la
rilevanza  strategica  dell'operazione  di   acquisto   della   Banca
Antonveneta nel contesto dell'attivita' economica della BMPS; 
        che nel merito ai contestata violazione sussiste tenuto conto
in sostanza della funzione di garanzia in  favore  degli  investitori
istituzionali che avevano sottoscritto i titoli Fresh 2008 ma avevano
preteso di trasferire il rischio relativo  sulla  fondazione  con  il
meccanismo  dei  titoli  derivati;  e  fattibilita'  dell'aumento  di
capitale riservato riferibile all'acquisto indiretto della meta'  dei
titoli Fresh 2008 da parte  della  Fondazione  con  eliminazione  dei
rischi di collocamento dei titoli. 
    4. Il P.G. e' intervenuto, ma non ha concluso. 
    5. Sentite le parti all'odierna udienza il Collegio, riunite  per
connessione le procedure sopra indicaste in epigrafe, ha riservato la
decisione. 
    6. Come si e' visto al  punto  2  lettera  b)  che  precede,  tra
l'altro, l'opponente ha sostenuto che la delibera sanzionatoria  deve
ritenersi  illegittima  per  essere  stati  violati  i  principi  del
contraddittorio, della  conoscenza  degli  atti  istruttori  e  della
distinzione fra  funzioni  istruttorie  e  funzioni  decisorie  posti
dall'art. 195 comma 2 del TUF, e quelli posti  dall'ad.  24  comma  1
della L. 262/2005. 
    Elementi  a  conforto  della  tesi  della  illegittimita'   dello
specifico procedimento sanzionatorio  devono  trarsi  dalla  sentenza
della Corte Europea dei  Diritti  dell'Uomo  in  data  4  marzo  2014
(Grande  Stevens/Italia  ricorso  n.  18640/10)  con  la  quale,   in
relazione al procedimento sanzionatorio di cui  all'art.  187-septies
TUF (eguale a quello di cui all'art.  195  dello  stesso  TUF),  sono
stati accertati vizi dovuti: 
        a)  al  fatto  che   la   relazione   dell'Ufficio   Sanzioni
Amministrative non viene comunicata agli interessati i quali, quindi,
non possono difendersi proprio sul documento in relazione al quale la
Consob fonda la propria decisione; 
        b) gli interessati non hanno la possibilita' di interrogare o
far interrogare  le  persone  ascoltate  dagli  Uffici  della  Consob
durante l'istruttoria; 
        c) gli interessati non hanno la possibilita'  di  partecipare
alla seduta nella quale la  Commissione  in  composizione  collegiale
decide sull'applicazione della sanzione; 
        sempre in tale  sentenza  della  Corte  Europea  dei  Diritti
dell'Uomo e' stato affermata per la Commissione la sussistenza  della
indipendenza ma non anche dell'imparzialita'  in  quanto  gli  Uffici
preposti all'istruttoria e la Commissione non sono che dei rami dello
stesso organo amministrativo, che agiscono  sotto  l'autorita'  e  la
supervisione di uno stesso Presidente» e  cio'  comporta  l'esercizio
consecutivo delle funzioni di inchiesta e di decisione  nel  seno  di
una stessa istituzione, cio' che e' incompatibile,  ad  avviso  della
Corte, con l'esigenza di imparzialita'»; 
        il procedimento di opposizione dinanzi alla  corte  d'appello
(art. 195 comma 4 del decreto legislativo n. 58/98) e' camerale, come
reso evidente dall'art. 195 comma 7 del decreto legislativo cit  («La
corte d'appello  decide  sull'opposizione  in  camera  di  consiglio,
sentito il pubblico ministero, con decreto motivato»); 
        l'opponente  nella  sostanza  deduce  l'illegittimita'  della
delibera  sanzionatoria  per  carenze  di  contraddittorio   che   si
collocano all'interno del procedimento Consob, ma non  pare  corretto
valutare  le  garanzie  di  difesa  per  segmenti  del  procedimento,
prescindendo dalla considerazione della fase eventuale, a  cognizione
piena, dinanzi all'autorita' giudiziaria; 
        al riguardo occorre  richiamare  i  principi  espressi  dalla
Corte EDU nella detta sentenza n. 18640 del 04 marzo 2014 resa in  un
caso in cui si discuteva di sanzioni per illeciti ex art. 187-ter TUF
dalla Corte stessa qualificate come sostanzialmente di natura penale; 
        giova al riguardo ricordare che giusta  tale  sentenza  (cfr.
paragrafo 94) «.... al  fine  di  stabilire  la  sussistenza  di  una
«accusa in materia penale», occorre tener presenti  tre  criteri:  la
qualificazione giuridica della misura in causa nel diritto nazionale,
la natura stessa di quest'ultima, e la natura e il grado di severita'
della «sanzione» (Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, §  82,
serie A n. 22).  Questi  criteri  sono  peraltro  alternativi  e  non
cumulativi: affinche' si possa parlare di «accusa in materia  penale»
ai sensi dell'art. 6 § 1, e' sufficiente che il reato in causa sia di
natura  «penale»  rispetto  alla   Convenzione,   o   abbia   esposto
l'interessato a una sanzione che, per natura e livello  di  gravita',
rientri in linea generale nell'ambito della  «materia  penale».  Cio'
non impedisce  di  adottare  un  approccio  cumulativo  se  l'analisi
separata di ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione
chiara in merito alla sussistenza di una «accusa in  materia  penale»
(Jussila c. Finlandia [GC], n. 73053/01, §§ 30 e 31, CEDU 2006  X111,
e Zaicevs c. Lettonia, n. 65022/01, § 31, CEDU 2007-1X (estratti))»; 
        parimenti occorre richiamare la  giurisprudenza  della  Corte
cost. (in particolare sentenza n. 104 del 2014) per la quale tutte le
misure di carattere punitivo afflittivo (ivi  comprese  evidentemente
quelle   che   l'ordinamento   interno   qualifica   come    sanzioni
amministrative) devono essere soggette alla medesima disciplina della
sanzione penale in senso stretto  (principio  espresso  agli  effetti
della irretroattivita' delle disposizioni  che  introducono  sanzioni
amministrative); 
        premesso che non e' incompatibile con la Convenzione affidare
la repressione di violazioni ad una autorita' amministrativa quale e'
la Consob (paragrafo 138 sentenza Corte EDU del 4 marzo  2014  cit.),
il  rispetto  della  Convenzione,  a  prescindere   da   carenze   di
contraddittorio che possano essersi verificate  in  alcune  fasi  del
procedimento, viene assicurato dalla possibilita' di' ricorrere ad un
giudice dotato di giurisdizione piena quale e' la corte d'appello; 
        la conclusione cui e' giunta la Corte EDU e'  stata,  quindi,
nel  senso  che  «....  il  procedimento  dinanzi  alla  CONSOB   non
soddisfacesse  tutte  le  esigenze  dell'art.  6  della  Convenzione,
soprattutto per quanto riguarda la parita' della armi  tra  accusa  e
difesa  e  il  mancato  svolgimento  di  una  udienza  pubblica   che
permettesse un confronto orale»; 
        nonostante quanto precede la Corte ha escluso una  automatica
violazione dell'art. 6 della Convenzione proprio in quanto: 
          1) non era contrario  alla  Convenzione  che  le  sanzioni,
giusta  la  normativa  interna,  fossero  inflitte  da   un'autorita'
amministrativa quale e' la Consob; 
          2)  occorreva  che  i  soggetti  destinatari  passivi   dei
provvedimenti  sanzionatori  potessero  impugnarli  dinanzi   ad   un
tribunale in grado di dare una decisione  nel  rispetto  dell'art.  6
della Convenzione; 
          3) cio'  era  avvenuto  nella  fattispecie  in  quanto  gli
interessati si erano  avvalsi  della  possibilita'  di  impugnare  le
sanzioni inflitte dinanzi alla corte d'appello di Torino; 
          il problema secondo la Corte EDU atteneva allo stabilire se
tale Corte d'appello fosse «organo dotato di piena giurisdizione»  ai
sensi  della  sua  giurisprudenza   (questione   risolta   in   senso
affermativo), e se l'udienza svolta  dinanzi  a  tale  giudice  fosse
stata pubblica; 
          e' proprio in riferimento alla assenza di udienza  pubblica
che la Corte EDU e' giunta alla conclusione  della  violazione  della
Convenzione («161. Alla luce di quanto esposto, la Corte ritiene che,
anche se il procedimento dinanzi alla CONSOB non  ha  soddisfatto  le
esigenze di equita' e di imparzialita' oggettiva  dell'art.  6  della
Convenzione, i ricorrenti hanno beneficiato del successivo  controllo
da parte di un organo  indipendente  e  imparziale  dotato  di  piena
giurisdizione, in questo caso la corte d'appello di Torino. Tuttavia,
quest'ultima non ha tenuto un'udienza pubblica, fatto che,  nel  caso
di specie, ha  costituito  una  violazione  dell'art.  6  §  1  della
Convenzione.»); 
          la pubblicita' dell'udienza,  nell'assunto  espresso  dalla
Corte EDU  in  tale  decisione,  ha,  quindi,  assunto  una  funzione
centrale e di necessaria chiusura del sistema delle garanzie; 
          per altro la giurisprudenza della Corte EDU in ordine  alla
imprescindibilita' della udienza pubblica agli effetti  del  rispetto
dell'art. 6 § 1 della Convenzione non esprime un  principio  assoluto
valido per tutti i casi; 
          ad es. nella sentenza in data 23  novembre  2006  nel  caso
Jussila contro Finlandia la Corte EDU, dopo aver ribadito che  tenere
un'udienza pubblica e' un principio fondamentale  posto  dall'art.  6
della Convenzione e che tale principio e' di  particolare  importanza
nella materia penale, ha osservato  che  «....  l'obbligo  di  tenere
un'udienza  pubblica  non   e'   assoluto.   L'art.   6   non   esige
necessariamente di tenere udienza in tutti i procedimenti. Cio' vale,
in  particolare,  per  i  casi  che  non   sollevano   questione   di
credibilita'  o  che  non  scatenano  controversia  sui   fatti   che
necessitano di  una  udienza  e  per  i  quali  i  tribunali  possono
pronunciarsi in modo equo e ragionevole sulla base delle  conclusioni
presentate dalle parti e di altri  elementi.  Inoltre,  la  Corte  ha
riconosciuto che le  autorita'  nazionali  possono  tener  conto  dei
problemi di efficienza ed economicita', ritenendo, per  esempio,  che
l'organizzazione  sistematica  di  dibattiti  possa   costituire   un
ostacolo alla particolare diligenza richiesta in materia di sicurezza
sociale ed,  in  definitiva,  impedire  il  rispetto  di  un  termine
ragionevole ai sensi dell'art. 6 § 1....»; 
        ancora in tale sentenza e' stato osservato che  «....  in  un
procedimento di  prima  ed  ultima  istanza,  l'udienza  deve  essere
tenuta, salvo circostanze eccezionali che giustifichino  di  farne  a
meno l'esistenza di tali circostanze  dipende  in  gran  parte  dalla
natura dei problemi di cui i tribunali sono investiti,  e  non  dalla
frequenza dei casi in cui si presentano...». 
    La sanzione inflitta all'opponente  deve  essere  qualificata  di
natura  lato  sensu  penale,  nonostante  l'ordinamento  interno   la
qualifichi formalmente come sanzione amministrativa, in  quanto  sono
vincolanti l'interpretazione data dalla Corte EDU e l'indicazione  da
essa fornita dei criteri in relazione ai' quali vagliare  l'effettiva
natura  di  una  sanzione;  chiarito  che  la   qualificazione   data
dall'ordinamento  interno  non  e'  dirimente,  in   quanto   occorre
verificare se una sanzione sia di natura «penale» agli effetti  della
applicazione  della  Convenzione,  non  puo'  non   considerarsi   la
particolare gravita' afflittiva della  sanzione  pecuniaria  prevista
dall'art. 191  comma  2  del decreto  legislativo  n. 58/98,  per  la
violazione degli artt. 94 commi  2  e  3  e  113  comma  1  del  TUIF
(infrazione contestata all'opponente), in un importo da € 5.000,00 ad
€ 500.000,00. 
    Al riguardo occorre precisare  che  deve  aversi  riguardo,  agli
effetti che qui interessano, alla sanzione edittale e non a quella in
concreto  irrogata  in  quanto,  ovviamente,  l'individuazione  della
natura della sanzione prescinde dalle circostanze che ne  determinano
la modulazione fra il minimo ed il  massimo;  convince  ulteriormente
della detta natura lato sensu penale l'esclusione, disposta  dall'ad.
190 del d.lgs.  58/98  dell'applicabilita'  dell'art.  16  L.  689/81
(pagamento in misura ridotta), e soprattutto il regime  pubblicitario
proprio delle sanzioni Consob. Bisogna inoltre ricordare  che  giusta
l'art. 195 comma 3 del decreto legislativo n. 58/98 «Il provvedimento
di  applicazione  delle  sanzioni  e'  pubblicato  per  estratto  nel
Bollettino della Banca d'Italia o della CONSOB. La Banca  d'Italia  o
la CONSOB,  tenuto  conto  della  natura  della  violazione  e  degli
interessi coinvolti, possono stabilire modalita' ulteriori  per  dare
pubblicita' al provvedimento, ponendo  le  relative  spese  a  carico
dell'autore della violazione, ovvero  escludere  la  pubblicita'  del
provvedimento, quando la stessa possa mettere gravemente a rischio  i
mercati finanziari o arrecare un danno sproporzionato alle parti»: la
previsione di pubblicita' (nel caso in esame e' stata  confermata  la
pubblicita' normalmente prevista per estratto  nel  Bollettino  della
Consob), estensibile a  forme  ulteriori  (quali  la  pubblicita'  su
quotidiani), evidenzia ulteriormente il  carattere  afflittivo  della
sanzione, in ragione delle ripercussioni negative  sull'immagine  del
soggetto colpito dal provvedimento sanzionatorio. 
    Le considerazioni che  precedono  evidenziano  una  questione  di
legittimita' costituzionale  dell'  art.  195  comma  7  del  decreto
legislativo n. 58/98, norma che  potrebbe  essere  in  contrasto  con
l'art. 117 Cost. in quanto non conforme all'art. 6 della Convenzione. 
    La questione oltre ad essere  non  manifestamente  infondata,  e'
rilevante in questo giudizio in  quanto,  accertata  la  natura  lato
sensu  penale  della  sanzione  giusta  i   vincolanti   criteri   di
valutazione posti dalla Corte EDU,  dovendo  questa  Corte  d'appello
necessariamente seguire il rito camerale imposto dall'art. 195  comma
7 del decreto legislativo n.  58/98  (senza  che  sia  possibile  una
diversa  interpretazione,  salvo  una  inammissibile  disapplicazione
della norma, e senza che sia possibile introdurre il correttivo della
pubblicita' dell'udienza che, di per se', renderebbe non camerale  il
procedimento),  ed  essendo  il  rito  camerale,   per   definizione,
caratterizzato dalla assenza di  una  pubblica  udienza,  essendo  il
giudizio di opposizione, secondo la giurisprudenza  della  Corte  EDU
suscettibile di integrare, in presenza di determinate condizioni,  il
sistema di garanzie che deve connotare il procedimento sanzionatorio,
ove un giudizio che si svolge con il rito camerale fosse al  riguardo
inidoneo, la conclusione obbligata sarebbe l'eccepita  illegittimita'
del procedimento sanzionatorio e del provvedimento sanzionatorio  che
lo conclude. 
    Preme rilevare che il sospetto di non conformita' a  Costituzione
(art. 117 comma 1) investe l'art. 195 comma 7 del decreto legislativo
n. 58/98, e non anche le norme del codice di rito  che  prevedono  il
rito camerale; la Corte costituzionale in ordine a tale  rito  si  e'
gia' espressa, ed  occorre  segnatamente  ricordare  la  sentenza  n.
543/1989 con la quale e' stato  affermato  che  secondo  la  costante
giurisprudenza della Corte stessa «.... il procedimento camerale  non
e' di per se' in contrasto  con  il  diritto  di  difesa,  in  quanto
l'esercizio di quest'ultimo e' variamente configurabile dalla  legge,
in relazione alle peculiari esigenze dei  vari  processi  purche'  ne
vengano assicurati lo scopo e la  funzione,  cioe'  la  garanzia  del
contraddittorio, in modo che sia escluso ogni ostacolo a  far  valere
le ragioni delle parti»; nella stessa sentenza e' stato osservato che
«.... L'adozione della procedura camerale, anche nei casi in  cui  si
e' in presenza di elementi  di  giurisdizione  contenziosa,  risponde
dunque a criteri di politica legislativa, inerenti  alla  valutazione
che  il  legislatore  compie   circa   l'opportunita'   di   adottare
determinate  forme  processuali  in  relazione  alla   natura   degli
interessi da regolare ed, in quanto tale, sfugge quindi al  sindacato
di questa Corte «nei limiti in cui, ovviamente, non si risolve  nella
violazione di specifici precetti costituzionali e non sia viziata  da
irragionevolezza9 (ordinanza n. 748 del 1988 e sentenza  n.  142  del
1970)»; la Corte cost.  nella  detta  sentenza,  non  ha  mancato  di
rilevare che il rito camerale non viola il diritto di prova in quanto
«.... anche nel rito camerale in appello e' possibile acquisire  ogni
specie  di  prova  precostituita  e  procedere  alla  formazione   di
qualsiasi prova costituenda, purche' il relativo modo di assunzione -
comunque non formale nonche' atipico - risulti, da  un  lato,  sempre
compatibile con la natura camerale del procedimento,  e,  dall'altro,
non  violi  il  principio  generale  della   idoneita'   degli   atti
processuali al raggiungimento del loro scopo...». 
    La questione pero' non e' quella di stabilire se il rito camerale
assicuri sufficientemente la difesa  od  il  contraddittorio,  bensi'
quella di stabilire se un'opposizione avanti ad un giudice dotato  di
giurisdizione piena ma vincolato al  rito  camerale  possa  integrare
carenze del procedimento sanzionatorio Consob; una risposta  negativa
al  quesito  porrebbe  il  detto  art.  195   comma   7   del decreto
legislativo in contrasto con  l'art.  6  §  1  della  Convenzione  e,
quindi,  con  l'art.  117  Cost.;  il  dubbio  al  riguardo  non   e'
manifestamente infondato stante  la  ricordata  giurisprudenza  della
Corte EDU laddove ha segnalato la particolare importanza dell'udienza
pubblica quando si discute di sanzioni  penali;  certo,  come  si  e'
detto, il principio  della  pubblicita'  dell'udienza  non  e'  stato
espresso in termini assoluti, e la necessita' o meno di una  pubblica
udienza va ricostruita  in  relazione  alla  natura  della  questione
controversa,  ma  tale  operazione  si  risolve   nel   giudizio   di
conformita'  all'art.  117  comma  1  Cost.  della  detta   norma   ,
conformita' sulla quale questa Corte non puo' non esprimere un dubbio
sulla base della giurisprudenza della Corte EDU  (analoga  questione,
per altro, risulta sollevata recentemente dalla  Corte  d'appello  di
Genova; con ordinanza 10 dicembre 2014 - 8 gennaio 2015).